La rivalutazione delle pensioni 2019

La rivalutazione degli assegni pensionistici, pari all’1,1%, è frutto delle 3 aliquote previste da una legge del 2000. Con la nuova legge di stabilità gli scaglioni sono stati elevati a 7 rispetto ai 5 previsti nel 2018. Considerato il nuovo schema gli importi percepiti potrebbero cambiare.

L’Inps ha effettuato la rivalutazione delle pensioni sulla base della normativa vigente al momento della elaborazione delle pensioni non tenendo, ovviamente, conto delle modifiche che sono state introdotte con la legge di stabilità 2019.

Pertanto l’Inps per assicurare la mensilità a gennaio 2019 ha provveduto a rivalutare le prestazioni in base al criterio previsto dalla legge 388/2000. Per tale ragione è opportuno indicare che l’importo percepito il 3 gennaio è suscettibile di variazioni o conguagli.

Ma andiamo a vedere più da vicino le modalità di perequazione indicate dalla legge di bilancio 2018 legge 145/2018.

Il nuovo schema di rivalutazione dei trattamenti pensionistici introdotto dalla legge di Bilancio 2019 prevede, per il triennio 2019-2021, 7 scaglioni per rimodulare la rivalutazione a seconda dell’importo della pensione, rispetto ai 5 applicati fino al 2018.

Resta garantito il 100% dell’adeguamento all’inflazione per le pensioni fino a 1.522,26 euro lordi mensili.
La misura in materia di rivalutazione delle pensioni riprende un meccanismo già utilizzato in passato che va a modificare quanto originariamente disposto con la legge n. 388/2000, vale a dire la suddivisione crescente della rivalutazione del trattamento pensionistico in 3 fasce, dal 1° gennaio 2001, adeguandolo all’aumento dell’inflazione in modo inversamente proporzionale rispetto all’ammontare lordo della pensione.

Facciamo un po’ di storia

Nello schema originario della norma 388/2000, l’adeguamento dei trattamenti pensionistici era concesso in misura integrale a favore delle pensioni di valore compreso fino a 3 volte il trattamento minimo Inps, scendeva al 90% per quelle tra 3 e 5 volte il minimo e arrivava al 75% per i trattamenti superiori a 5 volte la pensione minima.
La Riforma Monti-Fornero (art. 24, D.L. n. 201/2011) ha modificato tale impianto originario tripartito, prevedendo un blocco completo biennale dell’indicizzazione per le pensioni superiori a 3 tre volte il trattamento minimo.

Tale misura è stata poi dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, recepita dal precedente esecutivo con il D.L. n. 65/2015, che ha garantito una rivalutazione parziale e retroattiva solo dei trattamenti tra 3 e 6 volte il minimo lasciando di fatto confermato il blocco biennale su quelli superiori a 6 volte e prevedendo una rivalutazione del 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo, del 40% per quelle tra 3 e 4 volte, del 20% per gli importi tra 4 e 5 volte e pari al 10% per i trattamenti pensionistici tra 5 e 6 volte il minimo, mentre nessun adeguamento veniva concesso alle pensioni di importo superiore a sei volte il minimo Inps.

Quanto previsto dalla Riforma Fornero era stato, però, già superato con la legge di Stabilità del Governo Letta (legge n. 147/2013) con cui le fasce erano elevate a 5, inizialmente dal 2014 al 2016, poi prorogate fino a fine 2018 dalla legge di Stabilità 2016. Per le pensioni fino a 3 volte il trattamento minimo l’adeguamento avviene in misura piena, per quelle da 3 a 4 volte si riconosce il 95% della rivalutazione, il 75% a quelle fino a 5 volte il minimo, per scendere al 50% per le pensioni superiori a 5 volte il minimo e al 45% per quelle superiori a 6 volte il trattamento minimo.
Dal 1° gennaio 2019, quindi, si sarebbe dovuti tornare all’applicazione di quanto previsto dalla legge n. 388/2000 (infatti le pensioni percepite a gennaio sono state elaborate seguendo tale normativa).

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il Decreto n. 275/2018, ha determinato la percentuale di variazione per il calcolo della rivalutazione delle pensioni pari all’1,1% per il 2019, determinando una corrispondente crescita degli assegni pensionistici. L’incremento sarebbe stato pieno per le pensioni fino a 1522,26 euro lordi mensili, per poi decrescere, secondo le altre due aliquote al 90% e al 75%.

Le novità della legge di Bilancio 2019

Alla luce della legge di Bilancio 2019, il nuovo meccanismo porterà a 7 il numero delle fasce progressive di importo delle pensioni, confermando:

Volendo quantificare le differenze rispetto ai 5 scaglioni vigenti fino al 31 dicembre 2018, tenendo presente che l’adeguamento pieno corrisponde ad una rivalutazione pari all’1,1%, nulla cambia per la prima fascia, fino a 1.522,26 euro, con un adeguamento confermato al 100%.

Durata

La misura della rimodulazione delle rivalutazioni sui trattamenti pensionistici durerà un triennio e coinvolgerà circa il 58,6% dei trattamenti pensionistici, secondo le stime della Relazione Tecnica allegata al maxiemendamento del Governo alla legge di Bilancio 2019.
Dal 2022 lo schema, salvo proroghe o nuove modifiche, dovrebbe tornare alle 3 fasce previste dalla legge n. 388/2000.

In evidenza…
Il contributo di solidarietà

Le pensioni elevate, oltre alla stretta sulla rivalutazione, saranno penalizzate dal contributo di solidarietà che colpirà, per l’appunto, i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’AGO, delle Gestioni sostitutive, esclusive ed esonerative dell’AGO nonché della Gestione Separata, i cui importi complessivamente considerati, risultino superiori a € 100.00 lordi annui (circa € 7.692 lordi al mese).
Le aliquote di riduzione saranno le seguenti: